Massimo Lameri nella cooperativa sociale Areté

AMARSI UN PO’

Areté

Foto: Zoe Vincenti / © CILD 2020

Massimo Lameri la ricorda bene quella riunione dello scorso marzo. L’Italia era appena entrata in lockdown. Bergamo era l’epicentro della pandemia di Covid-19. E la cooperativa sociale Areté, che fa agricoltura biologica, doveva prendere una decisione importante. Sul tavolo, c’erano ragioni etiche ed economiche. Vinsero le prime ma, alla fine, ne beneficiarono anche le seconde. “Decidemmo di iniziare a fare le consegne a domicilio. Gratuitamente”, spiega Massimo, che fa parte del Consiglio d’amministrazione della cooperativa come socio volontario ormai da cinque anni. “Per molti dei nostri clienti fare la spesa era diventato difficile o impossibile. Ci siamo messi a loro disposizione, pur consapevoli dei costi che avremmo dovuto sostenere”. È stata una scelta poco imprenditoriale, ma molto sociale. E la risposta è stata positiva. Gli ordini sono arrivati sempre più numerosi, così come i ringraziamenti e, dopo qualche settimana, alle consegne gratuite è stata abbinata anche un’iniziativa in favore delle famiglie in difficoltà del territorio.

Per molti dei nostri clienti fare la spesa era diventato difficile o impossibile. Ci siamo messi a loro disposizione, pur consapevoli dei costi che avremmo dovuto sostenere.

Massimo Lameri

Del resto, l’attenzione sociale è, insieme all’agricoltura biologica, uno dei capisaldi di questa cooperativa nata nel 1987 a Torre Boldone, alle porte di Bergamo. Nei suoi campi e nelle sue serre, che oggi occupano oltre 39mila metri quadri, sono impiegati 25 lavoratori e lavoratrici, tra cui persone provenienti da categorie occupazionali più fragili. “Prima del Coronavirus, facevamo circa 50 inserimenti lavorativi all’anno, in molti casi di detenuti o ex detenuti”, racconta Massimo. La cooperativa produce ortaggi biologici e li rivende sia all’ingrosso che al dettaglio, in un negozio accanto ai campi. Durante la pandemia, non si è mai fermata. Anzi. Da quando ha avviato le consegne, è arrivata a gestire fino a 150 ordini alla settimana, con tempi di spedizione molto più brevi della grande distribuzione. “Eravamo sotto pressione, a volte siamo andati in panico, pensando di non farcela”, ricorda Massimo.

A raccontare e metterci la faccia è lui, ma a metterci le braccia sono state tutte le persone impegnate nella cooperativa: molte nei campi, alcune da remoto e altre in negozio, il cui orario è stato ridotto per consentire la preparazione degli ordini. “Raccoglievamo le prenotazioni via internet, con un semplice modulo Google”, riprende Massimo. “Poi preparavamo le cassette di prodotti freschi e secchi, come pasta e riso. Quindi consegnavamo, a Bergamo e nei comuni della zona, fino a una dozzina di chilometri di distanza”. Ai clienti, con un testo nel modulo on line delle prenotazioni, veniva spiegata la scelta della consegna gratuita. Ma veniva anche proposto di contribuire alla spesa sospesa. L’iniziativa è nata dalla collaborazione tra Areté e un Gruppo di Acquisto Solidale locale, il Gas Torre Ranica ed è stata finanziata in due modi: con i contributi spontanei dei membri del Gas e con le donazioni chieste da Areté ai clienti cui portava la spesa. “C’è stata una buona risposta: in molti hanno capito. C’era chi contribuiva ogni settimana”, dice Massimo, che è anche un socio storico del Gas. I fondi raccolti sono stati usati per pagare alla cooperativa il mero costo di produzione di cassette di prodotti biologici, donate alle famiglie in difficoltà del territorio da alcune associazioni locali. In tutto, sono state distribuite oltre 490 cassette, per un valore di circa 7mila euro.

È stato molto faticoso. Però, in un momento di crisi, c’è stata la soddisfazione di fare qualcosa di utile per le persone del nostro territorio e per la cooperativa.

Massimo Lameri

“È stato molto faticoso. Però, in un momento di crisi, c’è stata la soddisfazione di fare qualcosa di utile per le persone del nostro territorio e per la cooperativa”, riflette Massimo, ripensando a quei giorni. “Poiché, con la pandemia, la mia attività professionale si è di fatto bloccata, avevo più tempo del solito per la cooperativa: ci sono andato tutti i giorni. E devo dire che il lockdown non l’ho sofferto troppo. Mi sentivo in missione”, dice sorridendo. Probabilmente lo fa pensando ai tanti messaggi che i clienti hanno scritto. “Nel modulo per gli ordini c’era anche uno spazio per i commenti e molti ci hanno ringraziato e incoraggiato. Son cose che fan piacere. Anche perché abbiamo fatto del nostro meglio”. Ricorda una signora cui avevano dimenticato di consegnare due chili di arance. La mattina ha telefonato per segnalare l’errore. La sera uno dei dipendenti della cooperativa, che abitava poco distante da lei, le ha portato le arance mentre rientrava a casa.

Ora il servizio consegne della cooperativa non è più gratuito. È stato riproposto in autunno, ma la domanda è drasticamente diminuita e così Areté ha deciso di lasciare l’opzione solo su richiesta, a pagamento. A continuare, invece, è la spesa sospesa. Le famiglie in difficoltà sono ancora numerose e l’iniziativa proseguirà almeno fino a giugno. È l’eredità preziosa di un periodo drammatico. Massimo si augura che non sia l’unica. Spera che questi mesi così difficili abbiano fatto crescere la consapevolezza dei clienti. “Non tutti – dice – sanno cosa sta dietro i nostri prodotti. Mi piace pensare che quanto abbiamo fatto durante il lockdown sia servito a far scoprire a tanti la nostra agricoltura biologica e la nostra attenzione assoluta per il sociale”.

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